Abbiamo fatto due chiacchiere in merito alla cultura sull’olio di qualità con il nostro amico, collega e grande chef Andrea Golino. Un artista dei fornelli cresciuto con la voglia di rinnovare e mixare i sapori gastronomici della tradizione. Una passione la sua che va oltre al semplice piatto e che diventa una cultura del buon mangiare.
La strada per l’olio di qualità è ancora molto lunga. Tutti dovrebbero scegliere la qualità, soprattutto quando si parla di prodotti che mangiamo tutti i giorni e che sono alla base dell’alimentazione di ognuno. Purtroppo, non è così, molti ancora, per praticità, per economicità, per abitudine e, molto più probabilmente, per scarsa cultura dell’olio, preferiscono acquistare olio scadente nella grande distribuzione. La nostra missione più grande, oltre a prediligere la qualità dell’olio EVO ed il rispetto del territorio, è quella di trasmettere al grande pubblico la conoscenza dell’olio a 360° e far comprendere la grande differenza tra un olio di qualità da un olio scadente.
Chef Golino, spiegaci perché è così difficile far comprendere al pubblico l’importanza della qualità di un olio di oliva.
“Sfondi una porta aperta. Pochissima cultura…questa è una delle parole chiave che gira intorno al mondo dell’olio, della cucina in generale, ma possiamo dire anche della vita. Oggi la cultura non è più un valore centrale di questa società, è sotto gli occhi di tutti quotidianamente ma il paradosso è che non lo è più neanche riguardo gli aspetti che ci indentificano, che identificano il nostro paese, uno dei quali è proprio l’olio di oliva di qualità. Noi siamo il paese dell’olio extravergine con un numero di cultivar superiore a tutto il pianeta, con una biodiversità unica al mondo. Io faccio sempre un gioco con i miei studenti delle scuole di cucina chiedendo: – dimmi il nome di 5 marchi di olio?- neanche finisco la frase e subito partono con i nomi commerciali più noti, poi se gli chiedo di dirmi il nome di una cultivar…zero risposte.
Questo significa che la nostra cultura è la cultura della pubblicità, la nostra cultura è la cultura delle multinazionali. Quando utilizzi l’olio di uno di questi marchi noti a tutti, devi essere consapevole sia che la durata del prodotto è ridotta, sia che non esistono paragoni con un extravergine autentico”.
Molti preferiscono spendere di meno sull’olio che serve “per cucinare”, ma da dove deriva questa convinzione?
“Un’altra distinzione che è un po’ un luogo comune. Le persone, ma anche molti colleghi, fanno la distinzione tra olio per condire e olio per cucinare. Ora io non dico che il costo del cibo non debba essere tenuto sotto controllo, ci mancherebbe, è la base del nostro lavoro e anche dell’economia domestica, quello che voglio far passere è che a volte si spende molto per cose superflue e inutili e, quando si parla di cibo, si punta al risparmio.
Un altro giochetto che faccio spesso con i miei studenti è quello di pensare alla prima emozione gastronomica che gli viene in mente, che non è il piatto preferito, a volte coincidono, ma in questo caso si intende la prima emozione gastronomica, il primo sapore che uno di impulso si ricorda dopo il latte materno.
Le prime emozioni gastronomiche sono sempre legate a quattro parole: domenica, festa, nonna, famiglia. Cioè un contesto di affetto e di amore. È quasi matematico che le prime emozioni gastronomiche sono sempre legate a quello. Nel tempo poi si sviluppa un palato legato a quei ricordi e nei piatti che si mangiano si ricerca sempre un collegamento legato a quell’emozione lì.
Il senso della cucina si riduce un po’ a tutto questo, cioè mettere tutto l’affetto dentro un piatto per cercare di riportare chi lo mangia ad un contesto di amore. Questa cosa è fondamentale ricercarla attraverso tutti gli ingredienti che compongono un piatto e soprattutto nell’olio essendo l’ingrediente basilare, la colonna su cui si poggia l’intera casa
Nel tempo queste colonne si sono ridotte sempre di più, sia di circonferenza sia di altezza, perché mancano le basi solide e soprattutto l’amore. La velocità, la mancanza di tempo, la scarsa informazione, portano a scegliere i cibi a caso, i cibi imposti dalle multinazionali.
Questo ha portato progressivamente a una distruzione della cultura gastronomica e per questo oggi i prodotti di qualità, come l’olio Tamia, fanno fatica ad essere compresi, quando in realtà dovrebbero vendersi da soli. Se ci fosse quella cultura gastronomica le persone li dovrebbero andare a cercare quei prodotti lì. Quello che voglio dire, il senso di tutto è che: In cucina quello che ci metti ci ritrovi. Se si cucina uno spaghetto aglio, olio e peperoncino con un olio scadente, magari se si ha un po’ di abilità ai fornelli il sapore si può nascondere lì per lì, subito non si sente il sapore dell’olio cattivo, ma poi dopo? quando si torna a casa? oppure il giorno dopo? eccome se si sente! Non si digerisce e resta pesante. Anche nei piatti più semplici, che in realtà sono quelli che dimostrano il valore di un vero cuoco, se si usa un olio cattivo per condire o per cucinare non hai scampo purtroppo, specialmente al livello di digestione. Ci sono tante persone che mangiano abitualmente olio cattivo ed essendo abituate nemmeno lo sentono e non si accorgono”.
Come mai per l’olio non tutti riescono a distinguere la qualità attraverso gusto e profumo?
“Qui spesso avviene un vero e proprio paradosso: all’assaggio, l’olio di qualità, spesso, viene percepito come difettato. Questo perché le persone non sono abituate ai sapori forti come il piccante. Una cosa che mi piace molto dell’Olio Tamia è quella di cercare di andare incontro ai gusti del pubblico, cercando di trovare un equilibrio con dei blend. L’extravergine Tamia interpreta i gusti del pubblico non contravvenendo a un’identità e mantenendo elevatissime le qualità. Molti produttori che si compiacciono delle loro cultivar e dei loro polifenoli si ostinano a vendere degli oli piccantissimi che sono compresi da poche persone, i componenti di un panel test di degustazione, uno chef tre stelle Michelin, ecc. Ma poi si vende? ovviamente no.
Questo è il senso dell’imprenditoria: fare un prodotto di qualità e riuscire a venderlo facendo continuamente cultura, Tamia ha tutti e tre gli aspetti”.
Passiamo alla confezione, dacci la tua opinione su questo nuovo contenitore ecologico “Bag in Box“
“A mio avviso il rubinetto è di una comodità sconvolgente, c’è ancora gente però che vende l’olio nella latta.
Se si utilizzano ancora i vecchi contenitori, come la latta, significa che per quanto si vuole essere elevati come filosofia di qualità, non si conoscono le caratteristiche dell’olio o non si fa sufficiente sforzo per riuscire a mantenere la qualità dell’olio elevata. L’olio Tamia, venduto nella bag in box dura, così com’è, senza ovviamente esporlo a temperature troppo differenti, per moltissimo tempo. Si mantiene come viene venduto, non passa mai di gusto e non diventa mai vecchio, rimane sempre lineare e giovane”.
Per il consumatore privato la Bag in Box potrebbe essere un vantaggio?
“Carissimi lettori, questa cosa possiamo spiegarvela con un semplice calcolo: consideriamo un olio commerciale scadente che viene venduto a 6,50€ a litro, se ne compri 5 litri sono 32,50 euro, una bag in box da 5 litri di Tamia la paghi tra i 60 ed i 70 euro ma se facciamo un paragone, la differenza nel rapporto qualità – prezzo e nella conservabilità è totalmente sproporzionata a favore dell’olio di qualità Tamia, chiaramente.
Vogliamo parlare poi del gusto? non c’è confronto, non si può far capire. Il problema è quello di pagarlo subito e tutto insieme e quindi si preferisce comprare un litro alla volta, pagando 6 € alla volta?
Il paragone è sempre il prezzo del supermercato, la gente va al supermercato e si compra l’olio. In uno scaffale di oli extravergine, non c’è mai neanche uno di qualità, se si espongono 8 oli diversi, ci dovrebbe essere almeno uno che costa un po’ di più, 12 € al litro, che è il minimo sindacale per un olio di qualità. La grande distribuzione non da neanche la possibilità alle persone di conoscere i veri oli extravergine e di capire quale è la qualità dell’olio. Ma la gente spesso non si pone nemmeno la domanda.
Acquistare un olio buono e di qualità per la salute non interessa, l’importante è che costi poco, 4 euro al litro e tutto va bene. Però poi si spende una fortuna per cose che non servono a niente, tutto perché siamo figli della pubblicità. Provo a lanciare uno slogan pubblicitario anche io allora – Compra l’olio Tamia e per un anno non avrai più bisogno del medico, ti sparisce il colesterolo-”.
La salute inizia dalla tavola, come possiamo spiegarlo ai nostri lettori?
“Il discorso sulla salute è sempre l’ultima cosa che viene presa in considerazione, prima guardo le finanze, poi guardo il tempo, poi guardo il gusto ma la salute dopo, è l’ultima cosa che vien considerata.
Quanto può fare bene un olio di qualità? che te lo dico a fare.
L’unica battaglia che si può fare è quella sulla divulgazione e non quella sull’aggressione del mercato, l’unica cosa che si può fare è coinvolgere, io non ti devo vendere un prodotto, io ti sto informando che c’è un prodotto e ti dico le sue qualità rispetto agli altri, poi non posso scegliere al posto tuo.
Sull’olio c’è ancora tanta mancanza di informazione: sul metodo produttivo, sulla spremitura, sulle differenze BIO, DOP o IGP, perché la gente va sempre talmente tanto di corsa che legge solo l’informazione breve, concisa e ristretta e non ha la propensione ad approfondire, parcheggia la parte della salute lasciandola alla fine di ogni ragionamento.
Cercare di educare le persone ad un’alimentazione salutare è una strada lunga da percorrere. Marcello Mastroianni a fine carriera diceva – Dopo ogni film ricomincio da capo- ed era Marcello Mastroianni. Quando ottieni un successo lo prendi, te lo godi, lo metti da parte e ricominci, deve essere così. È più facile perdere 10 kg che mantenere il peso, mantenere sicuramente è molto più difficile che arrivare”.
Grazie Chef Andrea Golino per le tue parole e per essere sempre, come noi, in prima linea per fare cultura gastronomica e cultura dell’olio, dicendo sempre la verità.